Chi Possiede il Nostro Corpo, infine?

“Perché ai margini estremi della vita sembra rivelarsi la natura reale del Potere. Come una confessione disegnata sulla carne. Il nascere, il morire. Il divenire. E molto hanno scritto, infatti, i filosofi su questo tema e sopra tutti Friedrich Nietzsche e Michel Foucault. Sul governo dei viventi. E sopra il luogo in cui s’incontrano la specie e la persona, il singolo e tutto il popolo: i nostri corpi. Ingranaggi produttivi. Scintille anarchiche. E desiderio.

Tante risposte si potrebbero trovare, ma che il corpo appartenga a Dio, alla Nazione o al Capitale, ad un sovrano oppure a ciascuno, certo non è lo stesso. Non lo è affatto. Ed io vorrei chiedere a ognuno e alle nostre istituzioni, per comprendere. Perché non siamo più sudditi, ma cittadini. O forse crediamo. Chi possiede il nostro corpo, infine?

E mi domando, quindi, chi possieda le spoglie di Erich Priebke. E chi debba possederle. Se quella Germania che aveva incatenato i corpi stessi al proprio destino e tramutato la razza in un dovere estremo, drammatico e che dovrebbe adesso, ancora, assumersi il peso di una simile allucinazione. O se la nostra Italia, quasi fossero un patrimonio universale (del dolore e dell’infamia) quelle spoglie, da conservare a futura memoria, a monito del male che un essere umano può infliggere. Oppure, invece, soltanto al circolo ristretto dei familiari.

E chiedo alle istituzioni perché nascondano e respingano da morto il corpo di un nazista che da vivo avevano rivendicato (per condannarlo, giustamente) e perché, al contrario, accolgano da morti quei corpi che intendevano respingere e abbandonare da vivi. Le vittime anonime di Lampedusa. Di ogni nostra quotidiana Lampedusa.

E mi domando di chi siano allora quelle altre membra. Se degli oscuri fondali marini o dei deserti lontani, delle guerre fratricide. Della povertà. O di una qualche religione. E se non siano tutti i corpi, sempre, un bene comune al contempo dei presenti e dei futuri. Perché possa andarsi oltre l’appartenenza, verso se stessi.

E mi domando di chi fosse, poi il corpo di Piergiorgio Welby. A cui non era dato di scegliersi un destino, la sua libertà. Perché altri avevano risposto in vece sua a quella domanda: il tuo corpo appartiene alla sovranità dello Stato. O del Signore onnipotente. Il tuo corpo appartiene ad un moderno apparato meccanico. E mi domando, allo stesso modo, di chi siano i corpi ammassati ed umiliati dei reclusi nelle nostre prigioni. Se non gli sia stata sottratta la dignità di essere umani. Decaduti ormai ad un piano minimo della vita. E che alla vita, infatti, spesso decidono di sottrarsi.”

Leggi l’articolo completo:

http://www.huffingtonpost.it/luca-calvetta/chi-possiede-il-nostro-corpo-priebke-welby-lampedusa_b_4132425.html?utm_hp_ref=italy

Le Parole della Libertà

“Ma proprio della scelta hanno paura coloro che pensano di possedere la verità. O che hanno costruito la propria identità sul dominio violento dell’altro, cioè sull’assenza di scelta (si pensi alla questione femminile). Un’opportunità non significa mai una costrizione (l’aborto, il divorzio, l’eutanasia…), come hanno più volte voluto suggerire i conservatori.

E proprio della diversità hanno timore coloro che negano la diversità che essi stessi sono e portano dentro. Che tutti noi siamo. E che appare oggi non più come un’opzione tra le altre. Perché siamo in un pianeta senza confini. Una diversità, di pelle, genere, cultura o religione, verso cui, invece, abbiamo scoperto, in Italia, di avere ancora molte difficoltà. Anche per l’assenza di una diffusa e autentica cultura liberale.

Non solo, dunque, ci troviamo ben oltre quella società organica del passato, in cui ciascuno nasceva come parte di un insieme più ampio e nel quale una medesima visione del mondo governava ogni agire, ma abbiamo superato anche lo stadio della mera separazione tra pubblico e privato, tra valori del singolo e virtù civiche. Siamo ormai entrati, senza possibilità di ritorno, in un’epoca di perenne sovrapporsi di pubblico e privato, di confusione costante delle due dimensioni. Si pensi ai social networks. Quasi fossimo ininterrottamente esposti ad uno spazio comune, insieme all’alterità.”

Leggi l’articolo completo:

http://www.huffingtonpost.it/luca-calvetta/le-parole-della-liberta_b_3658315.html